di Francesco Paolo Colucci, Professore ordinario di Psicologia Sociale, Facoltà di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca.
L’episodio Vendola-Emiliano - seguito dall’artificiosa contrapposizione Vendola-Boccia, meno colorita e drammatica - ha evidenziato, più ancora di quanto accaduto in altre Regioni, la gravità della crisi in genere della Sinistra italiana e in particolare del Partito Democratico; per quanto riguarda quest’ultimo ha anche fatto emergere la debolezza, se non l’assenza, dell’appena eletto segretario Bersani. Tali eventi potrebbero costituire tuttavia un’occasione per iniziare a uscire da tale crisi se, come si spera, si è toccato il fondo. Sarebbe quindi sbagliato, del tutto inutile ed anzi dannoso, seguendo il processo in corso di personalizzazione della politica, interpretare l’episodio Vendola-Emiliano come lo scontro tra due forti personalità: amici-nemici-fratelli con gli inevitabili coltelli…, riducendo il tutto a una sorta di sceneggiata napoletana al sugo di cavatielli. Allo stesso modo appaiono sbagliate le viete forme (”è un pazzo…”) di delegittimazione dell’avversario o la sua demonizzazione. Bisogna invece cercare di capire, discutere e porre in evidenza le cause dell’episodio e questo deve essere fatto attraverso un discorso pubblico.
Ci si può interrogare, ad esempio, sul senso politico di un’alleanza con la Udc. Pur assumendo che possa servire per vincere le elezioni (guadagnando a dritta e perdendo a manca?) serve per governare? Per governare con chi e come? Non è forse vero che l’Udc in Puglia è l’erede degenerato della peggiore DC? L’onorevole Miele da Ostuni non costituisce forse un rappresentante prototipico di questa parte o combrìccola politica? Si pensi non solo all’episodio di cronaca nera che dette notorietà nazionale al Miele (o Mele?), ma al suo tentativo (ancora in corso?) di assalire con una speculazione edilizia l’oasi di Torre Guaceto. Oltre ai tatticismi politici è azzardato ipotizzare accordi preventivi, da comitato di affari, tra una parte dell’apparato del PD e i galantuomini dell’UdC? Affari che, certo, non si limiterebbero a Torre Guaceto.
Soprattutto, e da un punto di vista più generale, credo che l’episodio vada interpretato come l’ennesima tipica espressione di una modalità autoriferita, tatticistica e ragionieristica di fare politica? Una modalità che mi pare trovi, ancora una volta in D’Alema, la sua… Massima espressione. Come altrove ho meglio spiegato, a mio avviso, D’Alema nato e anzi concepito nel palazzo, nel palazzo, all’interno cioè di una politica autoreferenziale, è sempre rimasto. Infatti, non è stato mai in grado di comprendere il cambiamento e i nuovi modi di fare politica che questo richiede. Può essere considerato l’epigone degradata di un tatticismo togliattiano, non più tragico ma ridicolo e fallimentare.
L’unione contro natura con la parte dalemiana ha gravemente danneggiato l’esperienza di governo di Vendola. Se i compromessi sono solitamente costitutivi del fare politica, vi sono momenti che richiedono alla Politica di evitare i compromessi: la Politica prima ancora di essere l’arte del compromesso è Polemos, conflitto. Vendola ora deve opporsi chiaramente e in campo aperto a questa modalità dalemiana, per indicarla con una etichetta, di fare politica, deve opporsi a qualsiasi alleanza elettorale contro natura: sarà seguito dalla Puglia migliore di sinistra, di centro e di destra, sarà seguito da molti che hanno votato Emiliano, potrebbe trovare nello stesso Emiliano un alleato. Deve sfilare il tappeto sotto i piedi del comitato d’affari, presente (e ancora egemone?) nell’apparato dalemiano del PD, soprattutto pugliese: cadranno come pupazzi e dimostreranno di essere ‘pochi’, anche dal punto di vista numerico. Il Governatore potrà vincere o perdere queste elezioni, ma in quest’ultimo caso sarà solo una battaglia perduta di una guerra che merita di essere combattuta.