Oggi parteciperò alla manifestazione di Torino ma con il pensiero sarò anche a Rosarno dove si terrà la manifestazione unitaria dei sindacati. Rosarno non è un luogo qualsiasi: ha conosciuto nei mesi scorsi la ribellione dei lavoratori migranti contro una violenza quotidianamente subita; quel paese ha visto dove può portare l’intreccio micidiale tra criminalità organizzata, caporalato, indegno sfruttamento della manodopera migrante. Abbiamo bisogno che sia ogni giorno Primo Maggio, in un’Italia in cui il lavoro ha smarrito ogni legame con il concetto di libertà, di riscatto, di diritti.
Il mondo del lavoro è disgregato, disperso nei mille rivoli dei contratti a tempo e a progetto, per cui gli uomini e le donne diventano merce a scadenza, appendice del mercato.
L’epopea di un’Italia moderna, i cori enfatici di chi proponeva l’ingresso nella modernità hanno chiesto in sacrificio le tutele e i diritti dei lavoratori. Lo smantellamento dei diritti conquistati in due secoli di lotta prosegue nei disegni di un Governo che ha tutta l’intenzione di fare la festa allo Statuto dei Diritti dei Lavoratori, di indebolire o vanificare l’articolo 18, suo architrave.
Se non saremo in grado di affrontare con adeguate politiche industriali la crisi, se non richiameremo al centro della scena sociale, politica e persino culturale quel che da troppo tempo è stato rimosso, se il tema della libertà non intreccerà quello del lavoro come valore sociale, se il lavoro continuerà a essere precarietà, subalternità, negazione di autonomia, se non restituiremo centralità al lavoro e ai diritti dei lavoratori, allora non riusciremo a mettere in campo un percorso che possa dare speranza, che possa costruire futuro.