Ieri ho partecipato al mio unico congresso, quello del circolo della mia ‘casa’. A Terlizzi.
Confrontarsi con la propria comunità è un po’ come riportare la politica alla vita, perché troppo spesso queste dimensioni, malauguratamente, si discostano, fino a rischiare di non incontrarsi più. È nelle parole e negli sguardi dei miei compagni e delle mie compagne che ritrovo i sentimenti più originari e originali del mio impegno. Ed è in quella comunità effervescente e premurosa che prende corpo la mia idea di partito e la mia idea di speranza.
In molte lettere mi viene scritto “vogliamo poter sperare, restituiteci la speranza!”: rispondo che è ora necessario ricostruire un pensiero forte per contestare la realtà della catastrofe, capace di far vivere il principio della ‘speranza’ come una bussola credibile per orientarsi nel mondo.
Solo un pensiero forte depotenzia il paradigma della forza e permette di immaginare che nella debolezza sia custodito il segreto di un’altra sbalorditiva forza.
Ecco vorrei un partito capace di essere strumento di libertà e giustizia per persone che non hanno voce, un partito fabbrica della speranza.