C’è un’Italia migliore
Il libro della Fabbrica di Nichi (ed. Fandango)
“Vogliamo una scuola pubblica moderna che sappia ridefinire i programmi ministeriali e sappia investire nelle forme più avanzate di educazione alla cittadinanza attiva e del rispetto degli altri e dell’ambiente. Una scuola pubblica moderna accetta la sfida dell’integrazione e riconosce la multiculturalità come una risorsa della nostra comunità. Una scuola moderna è, inoltre, pienamente consapevole del suo ruolo fondamentale nella società. “Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione“, sosteneva Victor Hugo: la dispersione scolastica minaccia ancora il futuro dei nostri giovani e della nostra società se consideriamo che dopo le scuole secondarie di primo grado, uno studente su cinque rinuncia a proseguire, perché va incontro a insuccessi scolastici. Ci sono zone delle nostre città, delle nostre periferie, in cui l’abbandono scolastico è strettamente legato alle dinamiche delle povertà, che finiscono molto spesso per legarsi a trame malavitose. L’unico modo per invertire la rotta è innalzare l’obbligo scolastico gradualmente fino ai 18 anni. Un provvedimento di questo tipo deve essere associato a una revisione dei meccanismi della scuola secondaria superiore, che deve recuperare le ore sottratte dalla Gelmini e preveda da una parte l’unificazione dei cicli liceali e tecnico-professionali e dall’altra maggiori investimenti nelle materie professionalizzanti. In questo modo la scuola tornerebbe a esercitare un ruolo preminente nell’organizzazione della società, della produzione e della formazione delle generazioni, che possono così scegliere consapevolmente il proprio futuro. Perché è di questo che si tratta, è questa la sfida cui è chiamato il nostro paese dalla globalizzazione e dalla crisi economica. Non si tratta solo di assicurarsi che le persone sappiano leggere e scrivere e abbiano quindi, una prima e sacrosanta alfabetizzazione. Il punto è fare in modo che il maggior numero di persone acceda a istruzioni superiori e universitarie e possa così mettere a frutto il proprio ingegno e le proprie capacità, contribuendo allo sviluppo e all’innovazione.” (pagine 72-73).
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