C’è un’Italia migliore
Il libro della Fabbrica di Nichi (ed. Fandango)
“Le cronache, italiane e internazionali, ci narrano sempre più spesso di lavoratori (e persino studenti) suicidi perché hanno perso o non trovano lavoro o di imprenditori che si ammazzano per la vergogna alle soglie della bancarotta. Questa apparentemente incomprensibile fragilità è il frutto di una falsa rappresentazione della realtà, della concezione distorta del proprio ruolo nella società, del disconoscimento del valore intrinseco e unico di ogni vita umana che vaga sconfitta alla ricerca di un proprio posto in un mondo dominato da un sistema valoriale rovesciato, che confonde il successo di una vita con un vita di successo. Sommersi o salvati, non c’è alternativa nella deriva liberista. L’individualizzazione dei rapporti di lavoro, la parcellizzazione delle vite che passa dalla precarietà eretta a condizione esistenziale, la tentazione di offrire soluzioni biografiche a contraddizioni sistemiche, il non vedere quanto spesso il trionfo di uno nasconda la sconfitta di molti ci rende prigionieri di una nuova incoscienza di classe da cui occorre al più presto risvegliarsi per riconquistare un futuro che è necessariamente collettivo o non è, se non vogliamo continuare ad illuderci di farcela sempre e soltanto da soli rimanendo così in balia di un ipotetico mondo migliore che non arriva mai, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato.” (pagine 39-40).
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